Dal 7 al 14 giugno 2018, nell’àmbito delle sue iniziative culturali, l’Associazione di Promozione Sociale “Ecovillaggio LA RISERVA AUREA” ha presentato la
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Dal punto di vista letterario e spirituale il Faust di Goethe è per l’umanità un’eredità testamentaria del piú alto grado. …Quanto piú lo si penetra, tanto maggiore è la profondità che vi si scopre, e ci si rende conto allora dell’importanza che Goethe può assumere per l’umanità.
Rudolf Steiner (da Gli enigmi nel Faust di Goethe – O.O. N° 57)
Ci sono opere che appartengono a un periodo storico ben definito, altre che rispecchiano istanze e tradizioni proprie di un popolo o di un’etnia, altre ancora che vivono nell’ambito di confessioni religiose delimitate e da quelle non esulano. Soltanto rare testimonianze artistiche, nelle varie espressioni, si rivolgono alla vicenda umana svincolata dalla cornice temporale e spaziale, per divenire messaggi universali diretti agli uomini di tutte le nazioni e di tutti i credi, a qualunque epoca storica essi appartengano. Sono le opere universali, le didattiche globali – come il Vangelo, la Bibbia, la Divina Commedia, il teatro di Shakespeare – alle quali gli uomini in ogni periodo e per ogni esigenza possono attingere per specchiarvisi e ritrovarvi tutte o in parte le proprie incertezze, problematiche, contingenze, e per attingervi le proprie speranze, le certezze, le illuminazioni.
In piú, il Faust appartiene alla famiglia delle opere che accompagnano per tutta la loro esistenza i sommi artisti che le hanno create, quasi un lavoro quotidiano in divenire, una metamorfosi operativa continua – come fu la Gioconda per Leonardo – intorno alle quali si affatica diuturnamente l’estro dell’autore, quasi che il variare dell’umore, l’accrescersi delle esperienze, la macerazione del dolore, formino dei tasselli che in qualche modo, giorno dopo giorno, possano completare il capolavoro che solo la morte fisica può concludere, in quanto esse stesse, le opere, sono materia vitale inscindibile dall’artista.
Nel celebre “Prologo in Cielo”, all’inizio dell’opera, il poeta immagina che il Creatore – definito dal suo antagonista infero, con una vena di insospettata ossequiosità, come “il Buon Vecchio Signore” – abbia invitato Mefistofele per chiedergli qualcosa, dunque perché ha bisogno della sua opera. Il Buon Padre pare smentire il tono dei rapporti che sono tradizionalmente immaginati tra le due parti avverse: usa infatti con Mefistofele toni pacati, bonari, mentre lo accoglie nell’Empireo. «In fondo – dice – non ho mai odiato quelli della tua specie».
Perché questo abboccamento? Dio chiede al “Beffardo”, come Goethe lo definisce, una collaborazione: si tratta di mettere alla prova un’anima, quella di Faust, a lui molto cara, per provare se l’uomo, di fronte alle profferte materiali, arrivi a contentarsene.
La fatidica frase: «Fermati attimo, sei bello!», quel «Verweile, doch!» che Faust pone come patto finale, può dunque suonare come dichiarazione di resa o di ineffabile felicità raggiunta. Mefistofele diviene in questo modo, pur se tentatore, stimolo per l’uomo alla ricerca di una verità oltre gli umani errori e debolezze. Il Male, necessario fermento del Bene, renderà l’uomo, che tende verso l’Assoluto, degno della redenzione finale.
Fulvio Di Lieto
Il tentativo dell’artista Marina Sagramora è stato di tradurre in immagini alcuni momenti dell’opera goethiana, dall’Evocazione dello Spirito della Terra al Patto con Mefistofele, attraverso i drammi e le conquiste, fino alla salvazione e salita al Cielo di Faust.